Il clamoroso caso del delitto con due colpevoli
È possibile condannare due persone estranee per lo stesso omicidio? In Italia sì, ed è una vicenda surreale.
Quando si crede di aver toccato il fondo, in Italia si può sempre trovare qualcosa di peggio. La storia di cui parlerò oggi è talmente surreale da sembrare uno scherzo, ma purtroppo si parla di omicidi e condanne pesantissime.
Periodo natalizio 2012, a Mestre in provincia di Venezia. Un ragazzo ritrovò la nonna, la signora Lida Pamio, in un lago di sangue dentro casa sua. La pensionata era stata accoltellata ripetutamente e strangolata con un cavo, e l’assassino sembrava non aver lasciato nessuna traccia evidente nell’appartamento. Una rapina finita male? Gli inquirenti rimasero perplessi: non sembrava fosse stato sottratto nulla. L’unico elemento rilevato fu una traccia sull’interruttore della luce, che probabilmente era da ricondurre proprio al colpevole. Nel giro di pochissimo, chi indagava si convinse (o autoconvinse) che la signora Pamio fosse stata uccisa per questioni di screzi con qualcuno dei vicini, un qualcuno che aveva perso la testa in seguito ad una discussione. Un’eco di quella strage di Erba che aveva sconvolto l’Italia. La vittima, peraltro, era ben nota nella zona in quanto organizzatrice di tornei di tombola con altri anziani. La casa era spesso un via vai di gente. Chissà chi poteva aver conosciuto, insomma.
Nel mirino degli investigatori finì presto Monica Busetto (incredibile assonanza con Massimo Bossetti), operatrice sanitaria cinquantenne incensurata e dalla vita assolutamente normale, vicina di casa della signora Pamio. Lei rimase stupita: con la pensionata aveva un buon rapporto e di certo nessun motivo per compiere un atto così orribile. Per chi indagò, ovviamente, era tutto un bluff. Peccato che di tracce della donna nella casa del delitto non ce ne fosse nemmeno una, e che quell’impronta sull’interruttore non fosse da ricondurre a lei. Ma quando tutto sembrava destinato a sfumare, ecco l’ormai immancabile “prova regina”: una catenina rinvenuta dopo una perquisizione in casa Busetto. Un oggetto di scarso valore, ma ritenuto dagli inquirenti “sicuramente di proprietà della signora Pamio”. Una sorta di trofeo, quindi, che l’assassina avrebbe rubato dalla casa della vittima e custodito per mesi e mesi. Monica cadde dalle nuvole: “Quella collanina è un regalo di mia sorella, ce l’ho da anni”, spiegò con decisione.
Il reperto venne analizzato. Nessun DNA di Lida Pamio. Tutto finito? Assolutamente no. La Scientifica, improvvisamente, tirò fuori il proverbiale coniglio dal cilindro: 3 picogrammi di DNA della signora Pamio sulla collanina. 3 picogrammi. Ovvero 3x10-12 grammi, un sottomultiplo infinitesimale di un grammo. Una traccia assolutamente invisibile, anche a cercarla con un binocolo puntato sul reperto. Ecco la prova regina, il caso era già chiuso.
Dopo quasi due anni di carcere preventivo, Monica Busetto venne condannata a 24 anni per l’omicidio volontario della vicina di casa. La donna, visibilmente provata, rimase talmente paralizzata dallo shock della sentenza da non riuscire nemmeno a parlare. Nessun movente chiaro, nessun’arma del delitto, nulla di nulla. Solo il DNA, che in quegli stessi mesi era al centro anche del caso Bossetti. Un DNA che, secondo gli avvocati della donna, poteva benissimo essere frutto di una contaminazione avvenuta durante la catena di conservazione dei reperti. Ma per i giudici nulla ebbe importanza.
Flash forward di un anno, al periodo natalizio del 2015. La signora Francesca Vianello venne ritrovata morta in casa a Mestre, anche lei strangolata con un cordino. Questa volta l’assassino aveva portato via il bancomat e si era adoperato subito per utilizzarlo e ritirare grosse cifre di denaro. Gli inquirenti ebbero gioco facile: fecero sequestrare le riprese delle telecamere dello sportello e videro l’arrivo di una donna di mezza età che portava via i soldi. Una signora con i capelli castano rossicci tagliati corti. Secondo le testimonianze, Francesca aveva avuto alcuni dissidi con una certa “Milly” pochi giorni prima del delitto. Che fosse lei? Ci volle poco ad appurare l’identità della donna misteriosa: tale Susanna Lazzarini, che venne arrestata e condotta in carcere.
“Ha ucciso lei la signora Francesca Vianello?” chiesero gli agenti, senza aspettarsi granché. “Sì, ma ho ucciso anche quell’altra pensionata a fine 2012” fu la risposta di Susanna, che lasciò di sasso coloro che la stavano interrogando. Ma quindi, Monica Busetto cosa c’entrava? Un bel nulla. Susanna spiegò cos’era accaduto con dovizia di particolari, ammettendo di aver compiuto entrambi gli omicidi da sola. Nel caso della povera Francesca, la lite era scattata per alcuni prestiti mai risarciti. Susanna, sentendosi attaccata e temendo che l’anziana la volesse denunciare, aveva preso un cordino che portava in tasca e l’aveva stretto al collo della pensionata fino ad ucciderla. E l’impronta in casa Pamio era proprio sua. Caso risolto?
Al sentire la notizia, Monica pianse dalla gioia in carcere e i suoi avvocati esultarono.
Ma ancora non sapevano che la storia era solo all’inizio di un tunnel allucinante.
Gli inquirenti, infatti, non lasciarono perdere la vicenda. All’ennesimo interrogatorio pieno di domande suggestive anche sul ruolo della Busetto, Susanna ritrattò tutto. Aveva davvero ucciso Lida Pamio, ma con la complicità di Monica. Nemmeno si conoscevano, ma la vicina di casa era entrata durante l’aggressione e, senza alcun motivo al mondo, aveva deciso di partecipare accoltellando l’anziana e aiutando la sconosciuta assassina. Un racconto semplicemente ridicolo, che però venne preso sul serio dagli investigatori che riportarono Monica in carcere. E i tribunali non ebbero dubbi: la condanna definitiva a 25 anni di carcere della donna arrivò poco tempo dopo. Nel primo appello, addirittura, la giuria aveva comminato l’ergastolo.
Ma Susanna Lazzarini? Anche lei subì la stessa condanna. Quello che lascia sconvolti e attoniti, però, è che leggendo le sentenze di entrambi i casi si parla di responsabilità singole. In poche parole, Monica avrebbe ucciso Lida Pamio da sola, e la stessa cosa avrebbe fatto Susanna. Quindi due colpevoli per lo stesso omicidio, e senza parlare di complicità o correità. Come diavolo è possibile? Mistero. Gli avvocati della Busetto hanno già richiesto la revisione della condanna, ottenendo risposte ancora più incredibili: secondo la corte di appello, infatti, la Lazzarini avrebbe ritrattato in quanto spaventata dalla complice. Ma come, se è avvenuto esattamente il contrario? Susanna, infatti, ha dapprima negato la colpevolezza di Monica e poi ha cambiato versione. “I giudici hanno sbagliato, invertendo gli eventi” ha commentato l’avvocato Alessandro Doglioni, visibilmente allibito.
Ad oggi, Monica Busetto rimane in cella nonostante non sia mai stato appurato il movente che l’avrebbe spinta a massacrare Lida Pamio e senza che l’arma del delitto sia mai stata ritrovata. Susanna Lazzarini ha addirittura ottenuto uno sconto della pena per l’omicidio Vianello grazie alla derubricazione del crimine a “furto aggravato”.
Storie ormai quasi banali in questo paese, in cui troppo spesso la giustizia è un teatro dell’assurdo e del grottesco.
Segui volentieri queste brillanti analisi, mi piace perfezionare il mio amore e la mia ammirazione per una società veramente fondata sullo stato di diritto, equa
e libertaria................. non so se mi spiego
semplicemente agghiacciante...